Anno Nuovo,Nuova Politica e le formiche del Welfare di Comunità

In tre autorevoli articoli apparsi la Vigilia di Natale sul Corriere della Sera e sul Domani, si fa un bilancio sulla situazione del paese. E l’attenzione va subito alla  rappresentazione politica dei cittadini, cioè ai partiti, alla tecnocrazia, ai movimenti. I tre autori analizzano tre situazioni diverse: Ernesto Galli della Loggia la perdita di identità storica dei partiti della sinistra e della destra italiana, un tempo rappresentati rispettivamente dal PCI e dalla DC con i rispettivi alleati, ma si potrebbe dire anche dalla destra storica che faceva riferimento al Movimento Sociale. Virginio Rognoni affronta il tema della valenza costituzionale dei partiti e quindi della necessità di ripensare a una forma strutturata di rappresentanza politica. Piero Ignazi, con più attenzione alla scienza politica, analizza il fenomeno della tecnocrazia in politica, cioè di quella  corrente culturale che, in alternativa ai partiti tradizionali e alla loro crisi,  richiedeva un governo degli esperti, dei competenti. Una corrente che poi si è materializzata, alcuni anni fa e in piena crisi economica, nell’esecutivo di Mario Monti. Ignazi però spiega come il movimento vincente alle ultime elezioni politiche, quello dei  5 Stelle, abbia sepolto, assieme al vecchio assetto politico nazionale,  anche questo mito tecnocratico della competenza, come è stato evidente nel primo e secondo governo Conte. Tutti gli autori sembrano convergere nel ritenere la situazione  odierna uno strano ibrido politico, in cui c’è un po’ di tutto ma non una chiara idea di ‘rappresentanza politica’ dei cittadini.

Anche a livello locale esistono varianti significative del quando nazionale ma non tali da sconfessare – e Bologna non fa eccezione – l’analisi complessiva dei tre autori. In quest’ultimo caso si aggiunge il tema del ‘civismo’ come fattore, forse, di arricchimento della rappresentanza ma anche di chiara conferma di una certa confusione politica e ideologica. Ne sia prova il proliferare localmente di tanti piccoli gruppi, correnti, che si raccolgono attorno alle sorti, spesso personali, di questo e di quel dirigente politico, di questo e di quel  candidato, in una situazione molto ’liquida’ tra idee di destra, di sinistra e del cosiddetto  ‘centro’ (che per la verità non si riesce a capire cosa sia).

Verrebbe da chiedersi quale opinione avrebbe potuto esprimere un sociologo e politologo raffinato come era Achille Ardigò, di fronte a questa strana evoluzione della situazione politica italiana che ci differenzia (anche se non troppo) dalle tradizionali democrazie anglosassone ed europee, pure loro con non pochi problemi.

Tornando ad Achille Ardigò e alle  sue teorie socio – politiche vorremmo azzardare un’ipotesi che avrebbe potuto prendere in seria considerazione il grande sociologo. Non un’alternativa tecnocratica al potere dei partiti (quei partiti che lui aveva necessariamente accettato ma sottoposto a incessante critica interna ed esterna fin dai tempi della corrente dossettiana della Democrazia Cristiana) ma, senza nostalgia per un passato partitocratico, un ruolo di auto organizzazione del sociale.  Piccoli gruppi che si fanno sistema, organizzazione di rappresentanza, non attorno agli interessi e le carriere di singoli esponenti politici – francamente di scarso interesse sociale – ma di interessi socialmente definiti e di fatto a-ideologici. Le opportunità, quasi antropologiche che offre una vita che si allunga di vent’anni (ma anche i rischi, i problemi, di sicurezza e salute, non ultimo il COVID). Permettere ai propri figli di accedere alle opportunità scolastiche culturali e di lavoro senza essere condizionati dalle condizioni di reddito e culturali della famiglia. Come risolvere ogni giorno i problemi di vita per una famiglia con reddito basso e ulteriormente compromesso dai lockdown, indipendentemente dai paesi di provenienza, che possono essere il Sud dell’Italia, l’Appennino bolognese, l’Altipiano  eritreo o una regione del Pakistan.

Quello che si stenta a capire è che le forme di aggregazione sociale presenti in città non sono affatto in crisi. Internet e i social li alimentano e un Whatsapp è uno straordinario moltiplicatore. C’è un pullulare di comitati e piccoli gruppi come mai si era visto. Si pensa alle svariate associazioni di persone di recente e non più recente migrazione. Ai tantissimi micro gruppi che vanno dagli acquisti di prodotti alimentari bio alla condivisione di problemi (le ripetizioni per la scuola dei  figli, la ricerca della baby sitter e della badante, ..) ai giovanissimi  che si ritrovano sulla piattaforma Tik Tok e agli anziani su Face Book. Miriadi di piccoli gruppi che come formiche praticano, di fatto, un nuovo Welfare di Comunità. Qualcuno se n’è accorto?
Nel corso di un’assemblea dell’associazione Achille Ardigò, nell’ormai lontano 2017,  durante una lezione di quella che allora chiamavamo ‘Scuola dei diritti dei cittadini’ – e che poi è diventata la Scuola Achille Ardigò del Comune di Bologna – ad una domanda del pubblico  su come questi movimenti spontanei e piccoli gruppi potessero essere rappresentati, il Sindaco Virginio Merola  rispondeva che si potrebbe fare un po’ e un po’, un po’ nuove forme di auto organizzazione dei cittadini, un po’ le forme tradizionali della politica, un 50 e 50. Mi parrebbe una buona formula, senza scomodare grandi teorie sulla crisi dei partiti.  Qualcuno potrebbe provare anche nella nostra città ad adottare questa formula che non ho alcun dubbio nel definire ‘ardigoiana’?

BUON ANNO

PS: il programma del Corso Magistrale della Scuola Achille Ardigò del Comune di Bologna lo potete trovare sempre su questo sito e le lezioni sono tutte registrate sul sito iPerbole del Comune di Bologna alla voce Scuola Achille Ardigò

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