CUP 2000: prospettive e problemi
Quelli di noi che lavorano a CUP 2000 si sentono spesso portati ad unire la fiducia nel proprio lavoro che produce uno sforzo tecnologicamente avanzato verso molti utenti socialmente fragili, specie anziani. Senonche’ anche in molti di noi si fa strada l’insicurezza sul quadro mondiale dell’hi-tech. Un quadro mondiale che sembra ormai dominato dai maggiori Paesi dell’Estremo Oriente.
Il nostro lavoro di guide sociotecnologiche è di promuovere la migliore partecipazione degli utenti, specie meno abbienti, ad accedere ed a controllare i servizi dello Stato sanitario e sociale.
Ma ci turbano almeno due rischi: quello di non trovare, dentro alcuni centri di potere nei sistemi sanitari pubblici, molta comprensione. Altre sembrano essere le preoccupazioni maggiori in tali certi vertici sanitari, quelle dei deficit di bilancio e della ricerca di risorse economiche comunque per le strutture ospedaliere di eccellenza. E ciò anche in presenza di fenomeni sociali gravi che si collegano con l’accelerato invecchiamento di pari passo con il diffuso logoramento delle famiglie, sempre più scarse di componenti e sempre più in età anziana. Del resto, non a caso l’esplodere del ricorso dei capifamiglia con anziani disabili a pagare le prestazioni di “badanti” specie extracomunitari, mette in drammatico rilievo la crisi dei programmi pubblici per cure residenziali o anche solo per assistenze domiciliari integrate. Quei nuovi gravi problemi sociali che sono al cuore dei nostri servizi sociali, promossi da CUP 2000, troppo frettolosamente altri vorrebbe affidare a servizi for profit o ad attività di mero volontariato privato.
Eppure, l’attività dei CUP, se non contratta, può salvare nel Paese la coesione e la solidarietà civiche.
Un secondo rischio, successivo a quello maggiore sopra detto, è che sul mercato nazionale privato, sempre più vecchio e stanco, la produzione di servizi locali integrati che danno eccellenza ai nostri nuovi CUP non sembra interessare i capi dei quattro milioni di aziende informatiche i quali cercano (un po’ disperatamente) di vendere computer e programmi e telefonini all’insegna dei consumi individualistici. Sono, secondo, attorno a quattro milioni di imprese. L’Italia, ci dice Giuseppe Turani (La Repubblica, 3 maggio ’05 ), avrebbe solo “dodici multinazionali, poche, piccole e piene di debiti”.
Per far progredire lo sviluppo innovativo che ha reso famosa non solo in Europa, l’azienda privato-pubblica (CUP 2000), sotto la guida del direttore generale M. Moruzzi e dei suoi collaboratori si crede opportuno presentare, in conclusione, almeno quattro vie:
a) quella di sollecitare nell’opinione pubblica una presa di coscienza per valutare il grande fattore promozionale di tale azienda, con una forte crescita di saperi e di occupazioni senza precedenti, secondo gli stili già collaudati di connettere insieme umanizzazione e telecomunicazione avanzata .Ciò anche per combattere il dramma crescente della solitudine involontaria e della miseria non solo tra vecchi e disabili. Sollecitare l’opinione pubblica significa non lasciare tutto al vertice dell’azienda, e accogliere proposte di azione pubblica per orientare i vertici regionali ad essere partecipi delle innovazioni in corso, dubitosi per non dire sospettosi . È venuto a trovarci di recente anche il presidente Romano Prodi e ne è uscito entusiasta, da esperto europeo. Possibile non coinvolgere altri operatori e studiosi a conoscere, a criticare se occorre ed a stimolare il nostro lavoro?
b) quella di promuovere l’accesso all’informatica anche tra pensionati con qualche disabilità ma che possono diventare capaci di progressi anzitutto a scopo di controllo sociale dal basso sui servizi del welfare.
c) si tenga presente che il mondo dell’informatica è destinato a rapidi flussi tecnologici, innovativi mutamenti. Basti pensare, e molti dei nostri collaboratori già lo sanno, che siamo entrati nell’era delle reti hi-tech con tanti supporti di wi-fi. Ci si dice che anche l’era dei computer specie se fissi sta per cominciare a declinare, ed è tempo che l'”intelligenza” dei computer passi in rete.
d) quella della competizione da accrescere sui mercati internazionali specie per quei prototipi e modelli gestionali di progetti socio-tecnologici partecipati, che già ora sono in evidenza.