Quarantena: opportunità digitali e nuove nuove forme di esclusione sociali. di Nadia Musolesi
(di Nadia Musolesi) L’emergenza sanitaria del corona virus è la priorità. In questo scenario iniziano a emergere altre situazioni che richiedono di essere attentamente osservate per il futuro dei giovani, delle famiglie e del mondo del lavoro. E’ il balzo quantitativo e qualitativo tecnologico di tutti. Chi più chi meno ha dovuto misurarsi con le proprie competenze tecnologiche e con la qualità degli strumenti tecnici a disposizione. In ambito sanitario la necessità del distanziamento sociale ha reso possibile, ad esempio, una immediata dematerializzazione delle ricette, delle prescrizione dei farmaci, con un radicale snellendo della burocrazia, anche di quella afferente la privacy. Per questi servizi, come per altri a ben più alta complessità (telemedicina, servizi socio-assistenziali eCare), ciò rappresenta un balzo in avanti dal quale, fortunatamente non si tornerà del tutto indietro. Sarebbe molto interessante conoscere la situazione anche del mondo del lavoro. Molti sono gli studi che ci parlano di grandi differenze tra nord e sud, tra tipologie di settori produttivi e tra pubblico e privato. La pubblica amministrazione è probabilmente uno dei settori che più ha arrancato di fronte alla necessità di estendere in modo generalizzato i servizi on line ai cittadini e lo smart working ai dipendenti. Le ragioni sono sempre le stesse: impossibilità di far fronte ad approvvigionamenti tecnologici in tempi brevi, carenze nella formazione dei dipendenti. I dati Istat sono indicativi dal lato delle pari opportunità di accesso allo studio. Per seguire lezioni e fare i compiti da casa in questa quarantena, emerge un notevole divario tra chi ha un accesso adeguato ad internet e chi non ce l’ha, tra chi ha la strumentazione adeguata e chi no. Ma anche gli tra studenti del nord e del sud Italia. Così il livello di accesso cambia fortemente in base alla condizione sociale e territoriale delle famiglia. Più è alto il livello di istruzione dei genitori, migliori sono le tecnologie a disposizione. Anche questa è una forma pesante di esclusione sociale rapportata al reddito. Questo ‘nuovo modo di fare scuola’ non può essere accettato senza creare pari condizioni di accesso. Ecco i dati. Istat: “Un terzo della famiglie non ha pc o tablet in casa”
ROMA – Negli anni 2018-2019, il 33,8% delle famiglie non ha un computer o un tablet in casa, il 47,2% ne ha uno e il 18,6% ne ha due o più. La percentuale di chi non ne possiede sale al 70,6% tra le famiglie di soli anziani (65 anni e più), ma scende al 14,3% tra le famiglie con almeno un minorenne”. Lo rileva l’Istat nel rapporto ‘Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi’.
L’impatto del livello di istruzione è molto forte: nelle famiglie mediamente più istruite (in cui almeno un componente è laureato) la quota di quanti non hanno nemmeno un computer o un tablet si riduce al 7,7%. Nel 22,7% delle famiglie sono meno della metà i componenti che hanno a propria disposizione un pc da utilizzare. Solo per il 22,2% delle famiglie è disponibile un computer per ciascun componente.
IL PROBLEMA DEL SOVRAFFOLLAMENTO IN CASA
Nel 2018 il 27,8% delle persone vive in condizioni di sovraffollamento abitativo. Tale condizione di disagio è più diffusa per i minori, il 41,9% dei quali vive in abitazioni sovraffollate.
Il disagio si acuisce se, oltre ad essere sovraffollata, l’abitazione in cui si vive presenta anche problemi strutturali oppure non ha bagno/doccia con acqua corrente o ha problemi di luminosità. La condizione di grave deprivazione abitativa riguarda il 5% delle persone residenti e, ancora una volta, è più diffusa tra i giovani. Infatti, vive in condizioni di disagio abitativo il 7,0% dei minori e il 7,9% dei 18-24enni. La quota scende al crescere dell’età fino ad arrivare all’1,8% fra le persone di 75 anni e più.
SOLO 3 GIOVANI SU 10 HANNO COMPETENZE DIGITALI ELEVATE
Nel 2019, il 92,2% dei ragazzi di 14-17 anni ha usato internet nei 3 mesi precedenti l’intervista, senza differenze di genere. Tuttavia meno di uno su tre presenta alte competenze digitali (il 30,2%, pari a circa 700 mila ragazzi), il 3% non ha alcuna competenza digitale mentre circa i due terzi presentano competenze digitali basse o di base. Lo rileva l’Istat nel rapporto ‘Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi’.
Le ragazze presentano complessivamente livelli leggermente più elevati di competenze digitali (il 32% dichiara alte competenze digitali contro il 28,7% dei coetanei). Tale differenze sono più marcate se si considerano communication skills (83,3% contro 76,3%) mentre si attenuano per le altre competenze rilevate (information skills, software skills e problem solving skills) (cfr. Glossario).
Dal punto di vista territoriale è abbastanza evidente il gradiente Nord – Mezzogiorno, con le regioni del Nord-est che presentano i livelli più elevati su quasi tutte le competenze digitali. I differenziali territoriali sono molto rilevanti per software skills e problem solving skills; si riducono leggermente su information skills e si annullano per communication skills.
Negli anni 2018-2019, il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni (850 mila) non ha un computer o un tablet a casa e la quota raggiunge quasi un quinto nel Mezzogiorno (circa 470 mila).
Il 57,0% lo deve condividere con la famiglia. In questi casi meno della metà dei familiari dispone di un pc da utilizzare. Sebbene la maggior parte dei minori in età scolastica (6-17 anni) viva in famiglie in cui è presente l’accesso a internet (96,0%), non sempre accedere alla rete garantisce la possibilità di svolgere attività come ad esempio la didattica a distanza se non si associa ad un numero di pc e tablet sufficienti rispetto al numero dei componenti della famiglia.
Soltanto il 6,1% dei ragazzi tra 6 e 17 anni vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per componente.