Diritti Sociali e Modelli di Cittadinanza, la prefazione di M.Moruzzi al volume

Diritti Sociali e Modelli di Cittadinanza, a cura di Ivo Colozzi e Mauro Moruzzi, Edizioni Bonomo 2018

Indice del volume,

Prefazione. La Scuola di Achille Ardigò per

un welfare solidale e di comunità

di Mauro Moruzzi 3

Lectio Magistralis. Diritti, solidarietà, comunità

di S. E. Mons. Matteo Maria Zuppi 11

Introduzione. Diritti sociali e modelli di cittadinanza

di Giuseppe Monteduro 23

1. Ordine, disordine e dare un posto al disordine

di Luigi Manconi 51

2. Il dibattito sui nuovi diritti di cittadinanza:

le opinioni degli studenti universitari di Bologna

di Ivo Colozzi e Giuseppe Monteduro 61

3. Partecipazione e Diritti dei Cittadini

di Leonardo Altieri 87

4. Famiglia e diritti di cura tra cultura civica e

cittadinanza

di Elena Macchioni e Gianluca Maestri 109

5. Appunti sulla comunicazione medico-paziente

di Salvatore Lumia 133

6. I diritti dei cittadini nella società digitale

di Gianluca Mazzini 149

7. Le nuove frontiere dei diritti e il rischio

di arretramento

di Mauro Alberto Mori 159

8. I diritti socio-sanitari nella Città Metropolitana

di Bologna

di Teresa Carlone 165

9. Diritti, Immigrazione e Città Metropolitana

di Vincenzo Cesareo 209

10. Il diritto alla casa: un diritto di cittadinanza

a rischio

di Giuseppe Monteduro 227

Notizie sugli autori

277

Prefazione

di Mauro Moruzzi

Nell’anno 2017 ha preso avvio, per iniziativa dell’Associazione Achille Ardigò, la Scuola dei Diritti dei Cittadini. Un progetto pressoché unico nel suo genere che sta avendo importanti sviluppi, anche istituzionali, per iniziativa del Comune di Bologna, della Città Metropolitana bolognese e del suo Sindaco, testimone alla nostra Scuola.

Presentiamo qui alcuni contributi scaturiti da questo primo ciclo di lezioni, assieme alla riflessione che l’Arcivescovo di Bologna, Don Matteo Maria Zuppi, ha fatto in apertura del ciclo di studi sul tema dei diritti di cittadinanza nella prospettiva culturale e sociale sviluppata da Achille Ardigò. I curatori del volume sono particolarmente grati all’Arcivescovo per questa sua disponibilità.

L’attenzione è posta sui diritti sociali, di cittadinanza e sulla loro effettiva esigibilità in un ambiente in rapida e spesso drammatica trasformazione. La ricerca è rivolta verso nuove vie, nuovi sistemi di garanzia e di partecipazione, laddove le risposte tradizionali si stanno dimostrando spesso insufficienti o non più efficaci. In particolare, i contributi provano a dare risposte ai problemi dell’integrazione dei migranti, della partecipazione dei cittadini, delle attese per le cure sanitarie e per l’accessoall’edilizia residenziale pubblica; approfondiscono aspetti concettuali ed etici sul tema dei diritti e della cittadinanza.

La Scuola Achille Ardigò ha aperto i sui lavori nel febbraio 2017, presso l’Università di Bologna,

in cui per tanti anni ha tenuto lezioni e relazioni Achille Ardigò, il grande sociologo bolognese scomparso dieci anni fa. Il tema dei “diritti dei cittadini” e della loro “esigibilità”, in un sistema di welfare maturo, è parte integrante della riflessione ardigoiana sui sistemi sociali, sulla loro evoluzione in termini di autoreferenzialità, sostenibilità, organizzazione della comunità e rispetto della persona umana. Molte lezioni della Scuola si sono svolte presso la Misericordia di Bologna-Ambulatorio Biavati, dove ha sede l’Associazione. Un luogo in cui il messaggio ardigoiano di “un’empatia che si fa sistema” trova attuazione ogni giorno, con l’attività volontaria di aiuto ai sofferenti, agli ultimi, agli immigrati e ai senza casa. Un luogo che è sempre stato caro al grande Maestro. Ringraziamo la Confraternita della Misericordia di Bologna per questa

significativa ospitalità.

La Scuola ha avuto un lungo percorso fatto di ben 22 incontri formativi nell’arco di 10 mesi, con la partecipazione di docenti delle Università di Bologna, Milano e Verona e con importanti testimonianze sociali e istituzionali.

Come ha ricordato Don Matteo Zuppi, i diritti dei cittadini sono «un labirinto» dove si incontrano diritti individuali non disgiunti dalla solidarietà collettiva. E questa interrelazione è tanto importante da poter perfino trasformare un giusto diritto della singola persona in un’ingiustizia, se le garanzie restano privilegio di pochi. In ogni caso non si può che «partire sempre da chi ha meno diritti di altri».

«Sogno un’Europa in cui la tutela dei diritti degli ultimi è una garanzia per i diritti di tutti», ci ricorda sempre il nostro Arcivescovo. Anche Achille Ardigò pensava e aspirava a questo. Non si può, per nessun motivo, non partire dagli Ultimi, da chi è veramente povero e non ha diritti “esigibili”. Viviamo però in un periodo in cui le statistiche ci dicono che molti di quelli che godevano di diritti nel vecchio welfare locale e statale, ora li stanno perdendo, come i pensionati a basso reddito, quelli che hanno perso il lavoro in età adulta e soprattutto i giovani: sono i “Penultimi”, di cui ci ha parlato il Sindaco di Bologna con un’attenzione particolare al diritto alla casa, alla salute, al lavoro.

Poi esistono nuovi diritti che non sono tali per tutti: il diritto di accesso alla Società Digitale, alla Rete, all’Alta Comunicazione, che a sua volta condiziona anche l’accesso ai servizi on line: ad esempio in sanità al Cup e al Fascicolo Sanitario Elettronico; o nella scuola al registro elettronico del figlio e nell’assistenza sociale a tante opportunità.

Ardigò fu uno dei primi a individuare l’importanza delle reti socio-tecniche, dei social network, dei social street in funzione di una nuova era di comunicazione sociale “dal lato del cittadino”. Questo patrimonio culturale ardigoiano delle “reti centrate sul cittadino” ha fatto scuola. Ad esempio, in sanità la cultura socio- tecnica ardigoiana è stata alla base di una nuova progettualità per sistemi eHealth patient centered ad alta comunicazione e a bassa burocrazia. Una cultura e una progettualità innovativa che si sono contrapposte al vecchio impianto culturale dell’informatica pubblica del ‘900, della burocrazia elettronica.

Il “labirinto dei diritti” si è molto infittito nel decennio della crisi economica e della dematerializzazione e virtualizzazione dell’economia e perfino dei rapporti umani. Ciò è risultato evidente, ad esempio, nel “laboratorio” che la Scuola ha riservato al tema e all’evoluzione del rapporto medico-paziente. Qui un cittadino informato in tempo reale da Internet, spesso senza validi supporti culturali, si confronta con un medico curante professionalmente legato da un’infinità di lacci burocratici e con pochissimo tempo a disposizione per “parlare” con il paziente. Il tempo del “dialogo” con il cittadino-paziente non è riconosciuto come “tempo di cura” da protocolli rigidi e burocratici, finalizzati ad ottenere risparmio economico.

Anche il diritto alla partecipazione democratica alle scelte e al funzionamento dei servizi pubblici entra in questo “labirinto” dai corridoi oscuri. Il “laboratorio” organizzato dalla Scuola sui “Comitati Consultivi Misti”, che operano nelle strutture sanitarie come espressione istituzionalizzata del volontariato, ha messo in evidenza un quadro drammatico. Il loro ruolo, pensato da Ardigò oltre vent’anni fa come dinamico e informale, interamente proteso alla tutela del diritto alla cura, al buon trattamento del malato in ospedale, si è sclerotizzato in un ambito di regole amministrative che limita fortemente l’azione di questi organismi, trasformandoli in una piccola burocrazia del volontariato.

Questa politica priva la sanità – la principale voce di spesa per il welfare state locale, regionale e nazionale dopo la previdenza – di una reale rete di partecipazione democratica dal basso. La scelta di riorganizzare il servizio sanitario (e socio-sanitario) in modalità di reale continuità assistenziale, con la presa in carico del paziente cronico e poi di quello patologico, necessita, come condizione irrinunciabile, di una rete partecipativa non soltanto infra- istituzionale, com’è quella attuale del confronto, non sempre continuativo, tra ASL, Comuni, Regione. Si possono pensare a nuovi organismi istituzionali di base – come i quartieri e le circoscrizioni – che entrano in campo come driver di partecipazione dei cittadini alle scelte sanitarie (programmazione partecipata, tutela del diritto alla cura e all’accesso). Ma non è sufficiente. Oggi i cittadini si muovono nel loro ambiente con canali semplificati messi a disposizione dalla Rete (come i gruppi di WhatsApp per intenderci): questi canali devono poter interagire con le istituzioni in un mondo ad alta comunicazione.

Anche la società locale, intesa come interazione di un sistema delle istituzioni elettive e ambiente dei cittadini, deve poter comunicare con gli strumenti della Rete.

La formazione della Città Metropolitana bolognese poi – che allarga i suoi confini storici e demografici a quasi un milione di abitanti – è una formidabile occasione per ripensare e riprogettare diritti sociali effettivamente “esigibili”, nella prospettiva di un welfare di comunità metropolitano post- statalista e post-consociativo, cioè non limitato ai tradizionali referenti dell’amministrazione locale. Il vecchio sistema assistenziale è già da tempo, anche nella realtà bolognese- emiliana, in una prospettiva di rapida decadenza. Esso delegava interamente all’operatore pubblico la garanzia del fatto assistenziale e alle articolazioni del sistema partitico-sindacale il controllo sociale.

Oggi un welfare di comunità – per sua natura frutto di una coabitazione intelligente tra interventi pubblici, privati e del volontariato o “terzo settore” – presuppone, in prima istanza, un cittadino dotato di empowerment, in grado di avere conoscenza e consapevolezza dei propri diritti, e di potersi confrontare singolarmente e in gruppo (il single issue di ardigoiana memoria), utilizzando i canali comunicativi in essere nel mondo vitale della gente.

Si tratta di un progetto che viene “prima della politica” e che parte da un bisogno civico che la politica e le istituzioni non riescono oggi più a soddisfare. Cosa può fare un cittadino – per fare un esempio significativo – che si vede negare una prestazione sanitaria nei tempi di attesa e nelle modalità stabilite dalla legge? Si pensi ai TAR – i tribunali amministrativi regionali – che rispondono ai quesiti dei cittadini dopo 5 o 10 anni, oppure non rispondono; al difensore civico che è di fatto scomparso; alla vacuità del funzionamento degli sportelli URP e dei “numeri verdi”.

La risposta che si ispira al pensiero ardigoiano parte da alcuni “pre-requisiti” culturali e propositivi che dovrebbero ispirare l’azione politica e amministrativa, quindi programmatica:

– la risposta ai bisogni sociali, che dovrà essere sempre più flessibile e articolata, come quella, appunto, di un welfare di comunità e di opportunità. Si dovrà lavorare per una responsabilizzazione etica e sociale ampia, dal pubblico al privato, al terzo settore. In questa prospettiva diventano importanti le conoscenze diffuse e condivise nella Rete delle stesse opportunità (dove, come, quando, che ci ricordano la grande esperienza ardigoiana del primo CUP di accesso alla sanità della fine degli anni ‘80), gli strumenti di conoscenza e partecipazione interattiva (la Rete nelle diverse forme dei social), le modalità di controllo e di indirizzo pubblico (ad esempio sul privato in sanità e nell’assistenza), anch’esse partecipate in modo non burocratico;

– il ruolo del professionista dei servizi pubblici, che deve ispirare l’intera filiera pubblico-privata di un welfare comunitario, non può non essere anche empatico, oltreché programmatico e protocollare;

– i cittadini hanno il diritto di auto-organizzarsi in forme nuove, perfino in piccoli gruppi, che vanno sempre più legittimate dall’iniziativa delle istituzioni pubbliche;

– il sistema pubblico che, culturalmente cosciente del suo stato di costante autoreferenzialità, mette in atto quelle aperture (ad esempio alla Rete) e quelle innovazioni organizzative e tecnologiche tese a riequilibrare il funzionamento sistemico “dal lato dei cittadini”;

– i decisori del nuovo welfare di comunità – intendendo per questi non solo i decisori pubblici, ma anche quelli del privato e del terzo settore – che dovranno ascoltare direttamente i cittadini in modo strutturato, con strumenti referendari e di customer satisfaction, con osservatori on line (strumenti ormai ampiamente in uso nella nuova economia), abbandonando ogni autoreferenzialità nelle valutazioni;

– la formazione ad un nuovo welfare solidaristico e di comunità che dovrà essere basata su una nuova cultura dei Diritti dei cittadini e realizzarsi attraverso modalità innovative e partecipative, in forme quindi non esclusivamente accademiche e tanto meno burocratiche, come l’esperienza della Scuola Achille Ardigò insegna;

– il Diritto alla Rete (alle conoscenze digitali, ad essere connessi, al WiFi) che deve diventare diritto ai servizi on line di facile accesso, a livello consumer, per un rapporto diretto, non mediato burocraticamente tra cittadino e professionista (medico, insegnante, operatore sociale, operatore ecologico, ecc.).

Il welfare di comunità e di opportunità, necessariamente solidaristico – come nelle esperienze più innovative di alcuni paesi del Nord Europa che sono usciti in forme sperimentali dallo statalismo – costruisce un mondo vitale dove, per usare l’espressione di Luigi Manconi, un pre-cittadino privo ancora di diritti come un immigrato, un ex-cittadino che li sta perdendo come un pensionato povero e un disoccupato, un post-cittadino alla ricerca di nuovi opportunità, trovano assieme la strada, lunga, difficile, per convivere socialmente.

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