Scuola Achille Ardigò del Comune di Bologna. Il Welfare della Città Metropolitano con Daniele Donati, Giuliano Barigazzi e Ambrogio Dionigi
Scuola Achille Ardigò del Comune di Bologna. Il Welfare della a Città Metropolitano con Daniele Donati, Giuliano Barigazzi e Ambrogio Dionigi. Martedì 23 gennaio. Sala del Dentone di Palazzo D’Accursio. “Lezione ai Formatori”. Presenti docenti e dirigenti bolognesi del settore Welfare e Sanità, amici della Scuola.
Alcuni appunti, come sempre soggettivi, frutto di mie riflessioni ascoltando i relatori.
Le città metropolitane sono luoghi di grandi differenziazione. Differenziazioni sociali, di reddito, di condizioni di vita, di speranze, di attesa. In pochi luoghi la differenziazione e così forte all’interno di un territorio delimitato. In una città metropolitana si riproduce l’Europa, le differenze che passano tra il nord e il sud, tra italiani e svedesi. Differenze enormi. Mentre gli strumenti per governare queste diversità sono pochi e deboli. La legislazione delle CM è incompiuta. Il Welfare è una funzione assente o residuale, lasciata ai Comuni o alla Regione. Le Regioni, poi, non sono state generose con le CM in fatto di deleghe e poteri.Lo ricorda Daniele Donati. Forse si può tentare, in questi contesti territoriali strategici, di progettare innovazione sociale, senza necessariamente creare un unico sistema di Welfare Metropolitano.. Ci sono territori ad alta efficienza economica-produttiva-occupazionale e zone depresse che offrono ben poco. Dobbiamo ancorare lo sviluppo delle CM alle zone a maggior velocità di sviluppi per trascinare quelle lente o addirittura statiche o in regresso. È un compito difficile. Studiare le mappe di ‘efficienze territoriale’( es. sul lavoro). Progettare i nostri interventi su ‘mappe vere’ e non illusorie (ad es., per portare i giovani ai diversi indirizzi degli studi universitari). In sostanza dobbiamo utilizzare intelligentemente i BigData. Non c’è, e difficilmente potrà esserci, un sistema di welfare assistenziale unico per le CM, a differenza della sanità, della scuola (ma poi, anche l’universalismo della sanità e della scuola, calati burocraticamente nei diversi contesti e territori metropolitani, funzionano?). Il Welfare dovrà essere sussidiario, la sussidiarietà non è fatta dal pubblico con gli appalti e l’outsaurcing , ma con il riconoscimento dello stato che dove i servizi ci sono non è necessario duplicarli, anche se non sono statali. D’altronde – lo ricordava costantemente Ardigò – non c’è coincidenza tra pubblico e statale. Il Nuovo Welfare va riprogettato su mappe – Ambrogio Dionigi ne ha presentate diverse nel pomeriggio di studi – sempre più ingrandite, precise, sovrapponibili, dove – lo ricordava Giuliano Barigazzi – si possono osservare fenomeni non visibili ‘a occhio nudo’. Vecchi ex quartieri operai dove il diabete si incrocia con fenomeni di degrado che non sono solo economici, di reddito. Le mappe intelligenti, i Big Data, sostituiscono le ideologie e così anche un certo ‘Welfare ideologico’, più basato sul consenso che sul ragionamento. C’è poi una verticalità dell’organizzazione dei servizi pubblici da rivedere, tra sanità e servizi sociali ad esempio. Il tema è europeo. Anche Germania, Svezia e Gran Bretagna hanno separato nettamente l’assistenza sociale da quella sanitaria, ma hanno anche creato per l’assistenza sociale dotazioni economiche impensabili per noi, ad esempio per i non autosufficienti. Altre scuole sostengono che nel terzo millennio questa separazione è scientificamente e umanamente non corretta. Anch’io la penso così e potremmo fare una sperimentazione nella Città Metropolitana bolognese di vera unificazione delle funzioni.
Tutto va ripensato, con un grande sforzo di progettualità, con coraggio, con spirito di innovazione, con quel bel entusiasmo, quasi infantile, di Achille Ardigò